Dopo aver ammirato il nuovo film “Where The Sails Meet” che racconta le storie di alcuni “noti” windsurfisti di Sa Barra (sull’isola di Sant’ Antioco – www.riwmag.com/dove-si-incontrano-le-vele-il-video-ufficiale/), RIWmag ha deciso di raggiungere il regista Lorenzo Squarcia per un’intervista e per conoscere meglio i retroscena di questo progetto video.
RIW: Buongiorno Lorenzo, grazie per aver accettato il nostro invito a questa intervista. Ti puoi presentare ai lettori di RIWmag? Quanti anni hai? Dove vivi e di cosa ti occupi?
Lorenzo Squarcia: Buongiorno, grazie a voi per l’interesse verso questo progetto! Ho 22 anni e vivo a Roma. Sto per iniziare il terzo anno di università. Sono appassionato di cinema e sto studiando per fare di questa passione un lavoro.
RIW: Conoscevi già lo sport del windsurf prima di questo film? Lo pratichi?
L.S.: Certamente! Io ho iniziato a fare windsurf a 13 anni ed è proprio grazie a questo sport che ho conosciuto uno dei protagonisti del documentario, Gianluca Tamantini, con il quale ho instaurato una grande amicizia. Durante le riprese la voglia di buttarsi in acqua, tra una pausa e l’altra, era tanta.
RIW: Ci puoi spiegare cosa sono Progressive Media Studio e RUFA (Rome University of Fine Arts)? C’è un legame tra queste due entità?
L.S.: Il PMS è stato creato circa un anno fa. Si tratta di un gruppo di ragazzi come me che realizzano progetti di videomaking, ma anche progetti di fotografia e di grafica. Siamo tutti studenti della stessa accademia, la Rufa che supporta i progetti di ogni studente fornendo attrezzature e appoggio mediatico. In più abbiamo avuto la possibilità di poter revisionare il lavoro insieme ad alcuni professori durante la fase di post produzione.
RIW: Come sei entrato in contatto con i ragazzi di Sa Barra e com’è nata l’idea di questo film?
L.S.: L’idea è nata l’estate scorsa. Sono andato a Sant’Antioco a trovare Gianluca e fare un po’ di windsurf e ho scoperto questo gruppo di ragazzi, tutti diversi tra loro e provenienti da diverse parti d’italia. Sono rimasto colpito da come la loro passione li abbia spinti a trasferirsi e a cambiare vita. Da qui l’idea del documentario e di raccontare come questi ragazzi stiano inseguendo il loro sogno, all’insegna di uno sport che unisce profondamente le persone.
RIW: “Where The Sails Meet” dura circa 27 minuti. Quanto tempo ci è voluto per progettarlo? Quanto per le riprese e quanto per la post produzione?
L.S.: Quando si fa un documentario, differentemente da un film, è difficile prevedere un piano di riprese. Dovevamo controllare sempre le previsioni del vento per capire quando girare l’action e quando invece dedicarci alla paesaggistica o al lifestyle. Parlando con il mio gruppo di lavoro in poco tempo abbiamo organizzato la parte di preproduzione. Così alla fine di aprile siamo partiti in tre, io, Alessio Delfini e Alessandro Lazzi. Siamo stati sull’isola 9 giorni. Appena tornato a Roma, dopo le riprese, mi sono messo in moto per capire come portare a compimento questo progetto. Insieme a me, si sono messi a lavoro altri due ragazzi, Simone Spampinato e Daniele Monetti che hanno curato il montaggio, creando una struttura lineare per il documentario. La post produzione è stata molto corta rispetto ai normali tempi che ci vogliono tra montaggio, sound design e color correction, ma è stata molto faticosa. Avevamo veramente tanto materiale da revisionare e lavorare, ma i due montatori hanno fatto un lavoro eccellente. In totale ci sono voluti 6 mesi di lavoro.
RIW: Chi ha supportato i costi di questo progetto e quali sono le motivazioni dietro questo investimento?
L.S.: È stato tutto autofinanziato da noi ragazzi del PMS e dai ragazzi di Sa Barra. Purtroppo è molto difficile trovare finanziamenti in denaro per questi progetti, ma noi abbiamo ammortizzato i costi mettendo tutti una piccola parte. Infatti, se pur partito da me, questo progetto, è di tutti coloro i quali ci hanno lavorato. Ci è sembrato un bel tema da affrontare e nel quale investire poiché in Italia non circolano molti documentari relativi a questo sport e poche persone lo conoscono veramente.
RIW: Dal tuo punto di vista professionale quali sono gli aspetti positivi e negativi per riuscire a portare lo sport del windsurf sullo schermo in modo da coinvolgere anche un pubblico di non esperti?
L.S.: La cosa più difficile, ancor prima delle riprese, è stato capire come coinvolgere qualcuno che non abbia mai fatto windsurf. Tutti coloro che lo praticano conoscono benissimo le emozioni che si provano sulla tavola, io per primo. Per questo nelle interviste presenti nel documentario abbiamo chiesto e richiesto a questi ragazzi di spiegare nel profondo cosa provano nel praticare questo sport, proprio per poter spiegare l’entità di queste emozioni, nella speranza di spingere qualcuno ad avvicinarsi al mondo del windsurf. Devo ammettere che non è stata una cosa molto facile, poiché io per primo ho difficoltà a spiegare cosa si prova esattamente.
RIW: Da un punto di vista dei contenuti e della storia qual era l’obiettivo che ti eri prefissato per questo film? Pensi di averlo raggiunto?
L.S.: Volevamo raccontare di come questi ragazzi si fossero riuniti su questa piccola isola, raccontare il loro cambiamento di vita e la loro crescita personale. Insieme, pensiamo di esserci riusciti, ma aspettiamo di vedere cosa ne pensa la gente, per avere un’ulteriore conferma.
RIW: Questo film avrà un seguito magari partecipando a dei concorsi di cinematografia sportiva o il suo progetto si conclude con la sua messa in onda e la sua diffusione sui canali di internet?
L.S.: Sicuramente proveremo a farlo partecipare a festival cinematografici nella sezione per documentari. Averlo pubblicato non ci permetterà di partecipare a molti festival poiché spesso la prima regola è proprio quella di non portare qualcosa che sia già stato pubblicato. Allo stesso tempo però, se avessimo voluto partecipare a tanti festival avremmo dovuto ritardare l’uscita online minimo ad un anno di distanza ma per noi ciò che conta è aver portato a termine questo progetto, grazie ad un ottimo lavoro di squadra.
RIW: Ogni esperienza lascia qualcosa di speciale. Che cosa ti ha lasciato la realizzazione di questo film?
L.S.: Per me, come per tutti i ragazzi che ci hanno lavorato, questo progetto ci ha arricchito e ci ha permesso di imparare cose nuove. Essendo il nostro primo documentario, abbiamo avuto la possibilità di sperimentare nuove tecniche, di capire gli errori commessi e di poter fare sempre meglio. Spesso si pensa che realizzare un documentario possa essere noioso, noi abbiamo scoperto invece che è molto stimolante e per questo speriamo di poterne fare altri.
Infine vorrei ringraziare tutti i ragazzi della troupe Alessio Delfini e Alessandro Lazzi, i ragazzi della postproduzione Simone Spampinato e Daniele Monetti senza i quali non sarebbe stato possibile realizzare il progetto e tutti i ragazzi di Sa Barra. Ovviamente un grazie speciale va a Gigi Madeddu e al suo club con il quale sta aiutando il windsurf italiano.
interview: www.RIWmag.com
photo: Lorenzo Squarcia