45 anni dopo la sua fondazione Challenger Sails vince il titolo mondiale PWA slalom grazie al top rider polacco Maciek Rutkowski.
Per festeggiare questo risultato storico per la veleria di Senigallia RIWmag ha raggiunto il suo emozionatissimo velaio Claudio Badiali che dopo una settimana di notti insonni non smetteva di rispondere al telefono a causa di tutti gli amici e supporters che chiamavano per complimentarsi.
RIWmag: Ciao Claudio, complimenti per questo incredibile risultato ! Come stai oggi ?
Claudio Badiali: Ciao a Tutti i lettori di RIWmag! Come sto? Non so come sto, sono talmente stordito da tutte le telefonate di complementi ricevute, ho sentito Maciek, Palmino, i miei collaboratori, tutti i ragazzi del team e della famiglia CHS, e sinceramente non so come sto, forse sono ancora sotto l’effetto dell’adrenalina che gira, comunque penso di stare bene!
RIW: Quante ore hai dormito questa settimana ? Hai seguito le gare in diretta nonostante il fuso orario giapponese ?
C.B.: Bella domanda. Nei primi giorni ho dormito una media di 3 ore circa per notte, ero in Inghilterra e ho seguito le gare insieme all’importatore inglese di Challenger. Poi sono tornato in Italia e questa notte ho seguito le gare dalle 23:30 alle 05:30 tutta una tirata, e subito dopo ho iniziato con le telefonate! Quindi in totale avro’ dormito 12-15 ore in tutto durante questo evento giapponese!
RIW: La vittoria di una Coppa del Mondo si costruisce con tanti tasselli : il rider, la vela, la tavola, la pinna e il foil, le condizioni meteo … Quando e come e’ nata questa sponsorizzazione e collaborazione con Maciek Rutkowski ?
C.B.: Era da anni che Maciek era nel mio mirino. Nel 2018 ci siamo incontrati, abbiamo parlato, lui non era soddisfatto della sua situazione e abbiamo deciso di iniziare la collaborazione. Il feeling iniziale non era il massimo perche’ lui arrivava da un modello di sviluppo delle vele che non corrispondeva con il mio. Quindi abbiamo passato un anno, un anno e mezza per poterci adattare a vicenda. Poi e’ nato un feeling stupendo, ormai lui mi parla quasi con gli occhi per spiegarmi le sensazioni e le prestazioni che cerca ed io lo capisco al volo, e poi quando gli consegno le vele infatti mi ringrazia perche’ corrispondono esattamente a quello che voleva. Credo che sia questo il segreto del successo di questa Coppa del Mondo.
RIW: Come descriveresti Maciek Rutkowski in quanto atleta slalom ? Perche’ secondo te avrebbe potuto vincere un titolo cosi’ ambito ?
C.B.: Una cosa che mi piace di Maciek e’ che lo vedo molto simile a me per la sua tenacia, lui non molla mai … e se si pone un obiettivo lo raggiunge. Quando e’ arrivato qui era fuori dai primi 10, poi e’ entrato nella top10, poi 7mo, poi 4to ed ora ha vinto! Questo era il nostro obiettivo posto 3 anni fa! Avevamo 3 anni per arrivarci, c’e’ stato il Covid di mezzo ma ci siamo arrivati. Era ambizioso dirlo? Non lo so … lo dissi anche a Matteo Iachino il secondo anno che era con noi, gli dissi che in tre anni avrebbe vinto il titolo e cosi’ fu! Penso che siano pochi gli atleti con la maturita’ di Maciek, in grado di vincere la Coppa del Mondo. Mortefon, Albeau, Maciek e Iachino sono tra questi. In questo panorama vendo anche Marotti ed altri 3 o 4, con tanti giovani interessanti!
RIW: Erano anni che sapevi che le tue vele andavano veloci, quest’anno e’ arrivato anche il risultato. Quali sono le caratteristiche principali di questa vela campionessa del mondo ?
C.B.: Era da una vita che facciamo buone vele da gara, da course e da slalom soprattutto. Questa e’ una nostra caratteristica perche’ veniamo da un mondo della vela che e’ racing. Le nostre basi di disegno delle vele sono prettamente in queste discipline. Il salto di qualita’ e’ stato fatto negli anni attorno al 2010 circa grazie ad Anders Bringdal: con lui abbiamo rivoluzionato il nostro design. Da quel momento e’ stato un continuo sviluppo con il Principe nelle vele speed che sono ottime e grazie alle quali abbiamo ottenuto molti campionati e record di velocita’ in mare aperto anche per piu’ di 2 anni grazie a Bringdal e Baldini. Quello su cui punto sono la stabilita’, la leggerezza e il profilo piu’ veloce possibile. Parto dai profili NASA che secondo me sono piu’ adatti a questi requisiti, a secondo delle condizioni in cui la vela deve navigare, e da li’ cominciamo a modificare e sviluppare in base alle richieste del nostro team di sviluppo e ricerca. Profilo e stabilita’ sono gli aspetti principali. La leggerezza e’ molto importante ma non a discapito degli altri due parametri e della consistenza e resistenza della vela. Quindi molto importante sono lo shape, e nello shape c’e’ la mia invenzione S-Shape che da’ quel profilo e quella velocita’ in piu’, e la stabilita’ di profilo.
RIW: Riguardando le foto del PWA le vele di Maciek Rutkowski spiccano graficamente in modo evidente. Come siete arrivati a questa scelta cromatica ?
C.B.: Io sono un conservatore un po’ tradizionalista e avevo deciso di fare le vele rosse perche’ e’ il colore che richiama la gara, la Ferrari, l’Alfa Romeo, le Ducati, insomma e’ sempre stato il colore di tutto cio’ che andava bene e veloce in Italia. Ma in ogni caso tutte le vele slalom da gara sono prodotte in Italia e quindi il cliente ha un’ampia scelta di colori. Poi e’ arrivato mio figlio che ha voluto proporre qualcosa di diverso e ha spinto sul colore rosa. All’inizio noi vecchietti il rosa non lo vediamo come un colore da gara, da guerra, ma piuttosto come un colore da abbinare al sesso femminile. Pero’ poi ho pensato che anche Robby Naish inizio’ con le vele rosa e rosse, piuttosto rosa, e cosi’ ci abbiamo lavorato su e siamo arrivati alla grafica attuale. Come le ha viste Maciek e’ impazzito e le ha volute proprio di quel colore. Ma ripeto, e’ una questione personale, e in Challenger ogni atleta puo’ farsi fare le vele con i colori che vuole. Io rimango sempre per il rosso ferrari.
RIW: Raggiunto questo risultato, come rivedi i 45 anni passati di Challenger Sails?
C.B.: Ripenso a questi anni con un po’ di tristezza, io e Mario in uno scantinato ci siamo messi con 50 mila lire a testa con la macchina da cucire della mamma, comprando un po’ di tessuto da vela e un po’ di filo e ci siamo messi a fare le vele per il Flying Junior, la barca a vela con cui io ai tempi ero in squadra nazionale. Era la barca giovanile, quella che oggi corrisponde al 420. Nel 1977 Challenger e’ nata con 100 mila lire e in quegli anni ci siamo costruiti tutto io, Mario e un terzo socio che l’anno dopo ha preferito scegliere altre strade. Sono anche anni pieni di tante soddisfazioni, tante regate e tanti premi vinti, tanti atleti del passato, a partire da Fabio Balini che con noi ha vinto gli europei. C’era un periodo in cui le vele venivano ancora fatte da noi in Italia e su una regata di 115 iscritti c’erano 87 Challenger e 7 nei primi 10. Sempre perche’ veniamo dalla scuola della vela: le nostre vele non hanno il grasso che nasce dal giro d’albero piu’ o meno accentuato o dai cambers che aiutano, ma da un profilo ferzo per ferzo, cosa che viene fatta sulle barche a vela o sui catamarani di classe A dove i nostri catamarani sono al top mondiale. Pochi lo sanno ma il nostro passato di velai ha influito tantissimo. Poi negli anni abbiamo avuto tantissime esperienze, dal piu’ caro amico che non c’e’ piu’ Paolo Neirotti, una persona che con noi e’ cresciuta tanto ma ci ha fatto crescere tanto, ci ha fatto capire le nostre potenzialita’, ad altri atleti come Anders Bringdal, il Principe Andrea Baldini, e ne posso dire altri 50, lo stesso Matteo Iachino che e’ cresciuto qua, gli abbiamo fatto capire le sue potenzialita’ e oggi e’ ancora li’ che si gioca il mondiale dopo quasi 15 anni. Questi 45 anni sono stati tosti ma li rivivrei uguali! La passione, l’adrenalina, che ho ricevuto e che ho dato in questo sport sono impagabili, credo che nessun altro lavoro mi avrebbe soddisfatto cosi’ tanto!
RIW: Raggiunto questo risultato, come vedi il futuro di Challenger Sails ?
C.B.: Forse come mi ha accennato oggi Palmino questo titolo oggi e’ la nostra laurea. E’ come essere un bravo studente, studi, superi bene tutti gli esami ma ti manca quel pezzo di carta che dice che sei ingegnere, chirurgo, o professore in chimica o quello che vuoi. Oggi forse l’autorita’ massima di questo sport ci ha dato questo documento, oggi forse per la prima volta non sentiro’ piu’ gente che quando la chiami, nonostante fai delle vele che sai che probabilmente vanno molto meglio di tante altre vele, ti rispondono che le vorrebbero provare. Adesso non credo che la gente dira’ che vorra’ provare la vela campione del mondo, mai dire mai per carita’, ma adesso mi sento di aver buttato dietro le spalle quella classica brutta tendenza, soprattutto italiana, a non vedere non bene quello che e’ nostrano e a preferire sempre quello che viene da fuori. La Ducati deve vincere tutto per convincere il pubblico a considerarla migliore della Honda, perche’ quando la Ducati non vinceva il mondiale, o l’Aprilia, o le altre marche italiane che adesso stanno dettando legge, veniva considerata di seconda serie. Ora i prodotti italiani, Ferrari, Ducati, Aprilia, Challenger e tanti altri stanno dimostrando che forse il talento, la creativita’ e le basi che abbiamo di studio in Italia ci permettono di essere “Über alles” come dicono in Germania (“sopra tutto”).
RIW: Cosa ne pensi della formula slalom PWA che include in un solo titolo le gare sia foil che pinna in confronto al nuovo formato IFCA che le separa nuovamente in due titoli distinti ?
C.B.: Vi aggiorno. Si sta decidendo proprio in questi giorni tramite una votazione fatta da tutte le aziende che compongono il PWA su come vogliamo il futuro. Secondo me dividere le due specialita’ comporta troppe difficolta’. Un atleta che va a fare una gara e vuole partecipare a entrambi le specialita’ che vengono scelte a discrezione del giudice di gara dovrebbe portarsi attrezzature da slalom e da foil per coprire condizioni dai 6-7 a 35-40 nodi. Cio’ significherebbero 6 vele slalom, 6 vele foil, 3-4 ali wing da foil, piu’ tutte le pinne, tutti gli alberi, le tavole: un furgone Iveco di quelli grandi non basterebbe a trasportare tutto, immaginiamoci poi se si deve viaggiare in Giappone o in Corea a fare delle gare … e’ impossibile. E’ giusta l’idea di decidere come fare queste gare. Secondo me per il prossimo anno la decisione e’ gia’ stata fatta, lasciare tutto nello stato attuale, e’ da 7 mesi che sviluppiamo le vele per il prossimo anno, e’ troppo tardi per cambiare le regole su una scadenza cosi’ vicina. Poi nel 2024 la soluzione migliore potrebbe essere di usare il foil fino ad una certa intensita’ di vento, e da quel limite in su utilizzare la pinna e usare 5 o al massimo 6 vele, 2 per il foil e 3-4 per la pinna. 3 tavole in tutto in modo che sia piu’ facile per tutti. In questo modo anche i giovani si possono permettere di comprare del materiale usato e di fare tutte le regate del PWA. Secondo me e’ un errore quello di dividere i formati PWA e IFCA, queste associazioni dovrebbero sedersi allo stesso tavolo e portare avanti le stesse idee e gli stessi regolamenti, allora si potra’ scoprire di far ripartire il windsurf alla grande.
RIW: Il Covid prima, la guerra in Ucraina e l’aumento dei costi energetici, di produzione e di trasporto dopo, hanno messo a dura prova le economie di tutto il Mondo. Il windsurf resta uno sport di nicchia : cosa deve aspettarsi il pubblico e come riuscira’ il nostro sport a superare queste difficolta’ ?
C.B.: E’ vero che tutte queste situazioni hanno creato delle difficolta’ non solo nel windsurf ma in tutti gli sport. Il windsurf per me ha due grosse potenzialita’ che vanno rivalutate, La prima e’ che e’ lo sport piu’ bello del mondo, sfido chiunque a paragonare uno sport di palestra o dentro ad uno stadio con il windsurf sulle piu’ belle spiagge nel mondo. Non c’e’ proprio confronto al di la’ che ognuno possa avere le proprie preferenze e passioni diverse, dal windsurf all’equitazione o all’atletica leggera. Oltre alla location, il secondo aspetto impagabile del windsurf e’ il fatto che permetta a chiunque di gareggiare in alcune gare con i piu’ grandi campioni del mondo. E’ come se uno volesse andare a giocare una partita di calcio e potesse trovarsi in campo con Reinard o Cristiano Ronaldo … e’ un sogno ragazzi! Quale sport permette una situazione simile? Forse la maratona, che pero’ e’ uno sport che ti obbliga ad essere concentrato con te stesso. Il windsurf che si vive sull’acqua e fuori dall’acqua, nei circoli, c’e’ uno scambio di materiali, di opinioni, alla sera si festeggia insieme e si condivide una passione comune … Quello che deve permettere il rilancio di questo sport e’ solo una cosa, promuovere sempre di piu’ queste gare che uniscono come la Defi Wind, Prince Of Speed, Silvaplana, One Hour, gare che permettono l’iscrizione a tutti … aumentiamo queste gare, facciamole in tutto il mondo, l’ho gia’ detto anche al PWA, creiamo un circuito di gare long distance, e li’ ci saranno non 60 iscritti professionisti, ma 60 professionisti piu’ 500 persone normali che sono meno brave ma appassionate forse piu’ del professionista, e li’ che possiamo recuperare e rilanciare questo sport in difficolta’.
RIW: Claudio grazie per il tuo tempo concessoci e ancora complimenti per questo meritatissimo risultato !
interview: www.RIWmag.com
photo: PWA, courtesy Claudio Badiali, courtesy Palmino Saraceni, CHS