IL NAUFRAGIO E L’INARRESTABILE FORZA DEL WINDSURF (basato su una storia vera)
English version follows
“Ero nel bel mezzo degli anni ‘80 e avevo passato le 3 estati delle scuole medie a imparare e a migliorare ad andare in windsuf. Durante quelle stagioni scolastiche avevo messo da parte tutti i miei risparmi per acquistare la mia prima attrezzatura completa.
Dopo l’esame di terza media i miei genitori mi lasciarono scegliere se comprare subito un’attrezzatura di seconda mano oppure aspettare ancora un anno e comprare l’attrezzatura nuova a patto di venire promosso. Scelsi la seconda opzione e decisi di iscrivermi al liceo scientifico.
Arrivando da una scuola media di periferia, l’anno scolastico successivo fu un vero e proprio shock scolastico, sociale e culturale e i primi voti furono il riflesso di tutte quelle difficoltà …
Mi chiusi nella mia camera tutta tappezzata di posters di windsurf e studiai senza tregua, lasciandomi andare ogni tanto a qualche pianto di disperazione … fino a quando finii il primo semestre con tutte le materie sufficienti.
Il secondo semestre confermò il mio rendimento scolastico ormai positivo e così a giugno finalmente andai nel mio windsurf shop preferito e tornai tutto fiero con la mia prima attrezzatura nuova sul portabagagli della macchina di mio padre dopo averlo persino obbligato a mettere un piccolo adesivo della Mistral sul parabrezza, che in quegli anni era come un distintivo di riconoscimento.
Agosto volgeva ormai al termine e tutti aspettavano la mareggiata di libeccio di fine estate, incoscientemente anche io …
Finalmente arrivò il fatidico giorno e a metà mattinata uscii in mare.
All’epoca non sapevo ancora fare la partenza dall’acqua né la strambata in planata, tantomeno la virata sulla tavola funboard.
Verso fine mattinata arrivato vicino a riva strambai verso il largo e mi dissi “l’ultimo bordo e poi rientro a terra” … le ultime parole famose …
Mentre mi allontanavo dalla spiaggia il vento cominciò ad aumentare sempre più …
Senza cadere pian piano mi spinsi con le spalle sempre più indietro fino a quando dovetti tenere il mio bacino il più alto possibile per non farmi travolgere dai choppi sempre più alti …
Ad un certo punto ero talmente lontano dalla costa che i palazzi a terra erano ormai alti pochi centimetri ed essendo consapevole di non saper invertire la rotta in quelle condizioni lasciai cadere la vela in acqua, a nuoto girai l’attrezzatura e cercai di ripartire per tornare a terra … invano …
Il moto ondoso al largo ormai era troppo agitato per permettermi di usare la cima di recupero e quelle poche volte che riuscii a ripartire caddi pochi metri dopo a causa del vento troppo forte per la mia 5.8 … fino a quando mi ritrovai completamente esausto …
Mi guardai attorno e di fronte alla spiaggia di Borghetto Santo Spirito ero talmente lontano da terra che ero più o meno sulla linea immaginaria che univa l’Isola Gallinara (Albenga) a Varigotti/Capo Noli …
Proprio in quei minuti passò sulla mia testa un piccolo aereo da turismo e tirai fuori il fischietto di soccorso che avevo nella tasca del mio trapezio, fischiai e mi sbracciai a più non posso ma l’aereo continuò il suo volo indisturbato …
Mi resi conto di essermi fatto prendere dal panico e così mi calmai e provai a rientrare a nuoto trascinando l’attrezzatura con me …
In quel momento non ero preoccupato per la mia incolumità … proprio la primavera precedente mi ero allenato per partecipare ad una 24 ore di nuoto a staffetta e sapevo di potercela fare … invece ero preoccupato per mia madre che immaginavo a terra preoccupata e che e’ sempre stata malata di cuore …
Continuavo a nuotare e continuavo ad osservare i miei punti di riferimento terrestri ma più il tempo passava e più avevo la sensazione di non avvicinarmi a terra … e mi mancava l’esperienza di saper affrontare quelle condizioni …
Così dopo circa una mezzora di inutili tentativi, dopo aver rifiutato più volte quell’idea dovetti decidere di abbandonare l’attrezzatura …
Successivamente imparai che fu un grande errore perché anche in quelle condizioni l’attrezzatura rimane un valido punto di sostegno per la propria sicurezza … ma a volte bisogna commettere dei grandi errori prima di riuscire a imparare la lezione che la vita ci vuole insegnare …
Mi voltai ancora una volta per osservare la mia attrezzatura andare alla deriva, e con lei 4 anni di sacrifici e tutti i miei sogni …
Da quel momento nuotai per circa un’ora senza mai fermarmi prima di riuscire a toccare terra.
Appena uscii dall’acqua, ormai circa un chilometro sottovento rispetto al punto di partenza, un bagnino mi si avvicinò e mi chiese: “ma tu da dove arrivi?”
Ed io triste e stanco: “mi sono perso in mare con il windsurf, ho abbandonato l’attrezzatura e sono tornato a nuoto …”
E lui: “corri subito al bar che ti stanno tutti cercando e hanno chiamato anche i soccorsi!”
Allora corsi al bar e dissi: “scusate, sono quello che si è perso in mare …”
E il signore che era al telefono urlò “E’ qui! E’ appena arrivato, avvertite i soccorsi di fermare le ricerche!” Il signore al telefono in quel momento era proprio in contatto con il responsabile dei bagni da cui ero partito e da cui era stato dato l’allarme del mio naufragio.
E così sconsolato andai sulla passeggiata per tornare a piedi verso la spiaggia da cui ero partito con il mio trapezio in mano, tutto quello che mi era rimasto della mia attrezzatura …
A metà della strada del ritorno notai un gruppo di persone avvicinarsi: erano i miei amici che mi erano venuti incontro in segno di sostegno … e poi quando arrivai in spiaggia c’era tutta la folla sul molo ad aspettarmi e mia madre che sbucò di corsa con l’accappatoio in mano …
Tutti mi chiedevano che cosa fosse successo, ed io stanco, triste ed autoironico continuavo a rispondere che era finita la mia “carriera” da windsurfista …
I miei zii mi dissero poi che avevano faticato a trattenere mio padre dal venirmi a carcare in mare a nuoto …
A quel punto rientrai a casa per pranzare e dopo il pasto mio padre insistette per tornare in spiaggia a cercare l’attrezzatura.
Io rispondevo che non aveva senso, che l’attrezzatura di sicuro si era sfracellata su qualche scoglio.
A mio padre del mio windsurf non era mai interessato molto, ma quella volta per lui fu inaccettabile vedere tutti i miei sacrifici svanire in quel modo e così mi convinse a seguirlo.
Arrivammo alla spiaggia dove ero approdato dopo il naufragio e da li’ a piedi proseguimmo sulla battigia seguendo la direzione del vento e chiedendo a tutti i bagnini che incontravamo.
Andando avanti finalmente trovammo qualche bagnino che aveva sentito parlare di un windsurf approdato in spiaggia senza proprietario, all’inizio le informazioni erano molto vaghe e confuse, ma più avanzavamo più le informazioni diventavano precise e consistenti … fino a quando arrivammo su una spiaggia e trovammo la mia attrezzatura smontata e messa da parte … a circa due chilometri rispetto al punto da cui ero partito la mattina …
Purtroppo il bagnino che l’aveva trovata non era presente e così gli lasciammo pagato da bere, recuperammo il tutto e tornammo a casa …
Ricordo ancora che avevo gli occhi lucidi, ricordo ancora quel senso di pienezza, quella sensazione che la mia “carriera” da windsurfista non era ancora finita e quella consapevolezza che la vita mi aveva offerto una seconda possibilità …
Quest’estate 2024 festeggerò i miei primi 40 anni di attività in windsurf e ricordo ancora oggi quel naufragio come la prima vera esperienza significativa che questo sport mi ha saputo offrire …
La prima di una lunga serie di esperienze di vita …
PS: qualche anno dopo un bagnino mi si avvicinò dopo aver riconosciuto la mia attrezzatura … e così conobbi l’angelo custode che dopo il naufragio mi salvò l’attrezzatura!
PS2: nella foto la vela del naufragio che conservo ancora oggi.”
English version
THE SHIPWRECK AND THE UNSTOPPABLE FORCE OF WINDSURFING (based on a true story)
“It was in the midst of the ’80s, and I had spent the three summers of middle school learning and improving my windsurfing skills. During those school seasons, I saved up all my money to buy my first complete set of equipment.
After the third year of middle school exams, my parents gave me the choice to either buy a second-hand set immediately or wait another year and get a new one, provided I passed to the next grade. I chose the latter option and decided to enroll in a scientific high school.
Coming from a suburban middle school, the next school year was a real academic, social, and cultural shock, and the initial grades reflected all those difficulties …
I locked myself in my room (the walls were entirely covered by windsurfing posters) studying relentlessly, occasionally letting myself cry out of frustration … until I finished the first semester with passing grades in all subjects.
The second semester confirmed my now positive academic performance, and so, in June, I finally went to my favorite windsurf shop and proudly returned with my first new equipment on my father’s car roof, even forcing him to put a small Mistral sticker on the windshield, which in those years was like a badge of recognition.
August was coming to an end, and everyone was waiting for the late summer southwesterly swell, me unconsciously included …
Finally, the fateful day arrived, and in the middle of the morning, I went out to sea.
At that time, I still didn’t know how to waterstart, jibe in planing conditions, nor tack on the funboard.
Towards the end of the morning, near the shore, I decided, “one more jibe, and then I’ll head back to land” … famous last words …
As I moved away from the beach, the wind began to increase more and more …
Without falling, I gradually pushed my shoulders back until I had to keep my pelvis as high as possible to avoid being overwhelmed by the increasingly high chops …
At some point, I was so far from the coast that the buildings on land were only a few centimeters high, and being aware that I couldn’t change direction in those conditions, I let the sail drop into the water, swam, turned the equipment around, and tried to start again to return to land … in vain …
The offshore waves were now too turbulent to allow me to start again, and the few times I managed to restart, I fell a few meters later due to the wind being too strong for my 5.8 … until I found myself completely exhausted …
I looked around, and in front of Borghetto Santo Spirito beach, I was so far from the land that I was more or less on the imaginary line connecting Isola Gallinara (Albenga) to Varigotti/Capo Noli …
At that moment, a small tourist plane passed over my head, and I pulled out the rescue whistle I had in the pocket of my harness, whistled, and waved as much as I could, but the plane continued its flight undisturbed …
I realized I had panicked, so I calmed down and tried to swim back dragging the equipment with me …
At that moment, I wasn’t worried about my safety; just the previous spring, I had trained to participate in a 24-hour relay swim, and I knew I could make it. Instead, I was worried about my mother, whom I imagined on land, concerned, and who had always had a heart condition …
I kept swimming, continuously observing my land reference points, but the more time passed, the more I felt like I wasn’t getting closer to the shore … and I lacked the experience to face those conditions …
So, after about half an hour of futile attempts, after refusing that idea several times, I had to decide to abandon the equipment …
Later, I learned that it was a big mistake because even in those conditions, the equipment remains a valid support for one’s safety … but sometimes you have to make big mistakes before learning the lesson that life wants to teach you …
I turned around one last time to see my equipment drifting away, along with four years of sacrifices and all my dreams …
From that moment, I swam for about an hour without stopping before managing to touch the land.
As soon as I got out of the water, about a kilometer downwind from the starting point, a lifeguard approached me and asked, “Where are you coming from?”
And I, sad and tired, replied, “I got lost at sea with windsurfing, abandoned the equipment, and swam back …”
And he said, “Run to the bar right away; they’re all looking for you, and they even called for help!”
So, I ran to the bar and said, “Sorry, I’m the one who got lost at sea …”
And the man on the phone shouted, “He’s here! He just arrived; tell the rescuers to stop the search!” The man on the phone was in contact with the head of the beach from where I had started, and where the alarm of my shipwreck had been raised.
Then, disheartened, I went on the promenade to walk back to the beach from where I started with my harness in hand, all that was left of my equipment …
Halfway back, I noticed a group of people approaching: they were my friends who had come to meet me in a sign of support … and then, when I arrived on the beach, there was a crowd on the pier waiting for me, and my mother who ran out with a bathrobe …
Everyone asked me what had happened, and I, tired, sad, and self-deprecating, kept saying that my windsurfing “career” was over …
My uncles later told me that they had a hard time stopping my father from coming to pick me up at sea by swimming …
At that point, I went home for lunch, and after the meal, my father insisted on returning to the beach to look for the equipment.
I replied that it made no sense, that the equipment had surely crashed on some rocks.
My father had never been very interested in my windsurfing, but that time, it was unacceptable for him to see all my sacrifices vanish in that way, so he convinced me to follow him.
We arrived at the beach where I had landed after the shipwreck, and from there, we continued on foot along the shoreline, following the direction of the wind and asking all the lifeguards we met.
Going forward, we finally found some lifeguards who had heard of a windsurf washed ashore without an owner. Initially, the information was very vague and confusing, but as we progressed, the information became precise and consistent… until we reached a beach and found my disassembled equipment set aside … about two kilometers from the point where I had started in the morning …
Unfortunately, the lifeguard who had found it was not present, so we left him money for a drink, recovered everything, and returned home …
I still remember that I had teary eyes; I still remember that sense of fullness, the feeling that my windsurfing “career” was not over yet, and the awareness that life had offered me a second chance …
This summer in 2024, I will celebrate my first 40 years in windsurfing, and I still remember that shipwreck today as the first truly significant experience that this sport has offered me …
The first of a long series of life experiences …
PS: A few years later, a lifeguard approached me after recognizing my equipment … and so, I met the guardian angel who, after the shipwreck, saved my equipment!
PS2: In the photo, the sail from the shipwreck that I still keep to this day.”
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