E.P., responsabile di RIWmag, racconta dell’originale pomeriggio windsurfistico trascorso venerdi’ scorso:
“sull’autostrada ero al telefono in vivavoce con Cristiano Siringo, vice presidente AICW, per discutere di alcuni dettagli del campionato freestyle. Quando gli spiego che stavo andando a Hyeres per una missione RIWmag, lui ridendo subito mi risponde: “tanto lo so che vai per fare windsurf”. Ed io pronto a metterci la mano sul fuoco gli spiego che non ci sono neanche le condizioni per uscire con la mia attrezzatura, e che anzi, abbiamo scelto meteorologicamente proprio un giorno con poco vento apposta per poterci concentrare sul lavoro da svolgere.
Quando arrivo sulla spiaggia della Madrague ad attendermi ci sono Patrik Diethelm e Karin Jaggi.
Dopo esserci salutati e aver chiacchierato brevemente del piu’ e del meno ci rendiamo conto che le condizioni per svolgere quanto ci eravamo prefissati non ci sono, e cosi’ Patrik, dispiaciuto che io abbia fatto il viaggio per nulla, mi propone di uscire in acqua con lo slalom: “non ti preoccupare, ho tutto il materiale io!” aggiunge.
Ringraziando rifiuto gentilmente, se torno a casa prima ho comunque altri impegni che mi aspettano. Ma Patrik incalza: “il foil lo hai mai provato?”
A quella domanda rimango senza parole, in effetti non avevo ancora mai provato il foil perche’ ogni volta che ne ho avuto l’occasione era durante un evento e, per seguire un evento, sulla spiaggia c’e’ talmente tanto da fare che riuscire anche ad entrare in acqua diventa quasi impossibile. Ma questa volta e’ diverso, non c’e’ un evento e per caso sul momento non ho altre attivita’ da svolgere … il sole caldo e i colori cristallini delle acque di Hyeres sembrano davvero essere l’occasione giusta per provare questa nuova dimensione della tavola a vela.
Accetto la proposta e cosi’ Patrik mi prepara una sua tavola prototipo con il foil in carbonio della NeilPryde mentre Karin mi arma una sua vela SailLoft Ultimate (vela camberata da competizione).
Sono sorpreso e onorato dal ritrovarmi due grandi campioni del loro calibro ad armarmi l’attrezzatura e ad avere Patrik come insegnante per una lezione privata di windsurf foil: e quando mi ricapita un’occasione di questo tipo?
“Patrik mi fido di te ma forse non e’ meglio farmi cominciare con una vela piu’ piccola e senza camber?”
Patrik mi prende le mani tenendomi le braccia distese come se fossero sul boma e inizia a farmele alternativamente oscillare.
“Questo movimento si ripercuote sul resto del tuo corpo” mi dice “fino alle anche e alle gambe, e quindi fino alla tavola. Con il foil serve la massima stabilita’ e la massima stabilita’ la si puo’ avere con una vela camberata. Una vela non camberata ti fa oscillare le braccia come te le ho fatte oscillare io adesso, ecco perche’ e’ meglio una vela camberata!”
Capisco ed annuisco. Poi Patrik mi spiega il resto: con il foil NeilPryde prima bisogna entrare in planata con il piede anteriore nella strap e poi pian piano bisogna cercare di fare decollare la tavola ma solo di pochi centimetri sopra l’acqua. Il primo obiettivo e’ quello di cercare di volare in modo stabile senza salire troppo. La tavola prototipo che mi da’ ha lo shape simile a quello di una tavola da formula perche’ per rendere il foil piu’ stabile e’ meglio avere una tavola piu’ larga.
Cerco di memorizzare ogni sua singola parola e di visualizzarne la messa in pratica e finalmente scendiamo tutti e due in acqua.
Il vento soffia offshore rendendo l’acqua perfettamente piatta ma nei primi metri sottocosta e’ rafficato. Patrik mi consiglia di non allontanarmi troppo dalla riva perche’ fuori il vento diventa velocemente piu’ forte.
Sul primo bordo arriva la prima raffica, la mia tavola e vela prendono velocita’ ma come cerco di mettere il piede nella straps arrivano i primi problemi.
Io sono abituato ad una percezione praticamente bidimensionale della tavola e ad avere le traps a “portata di piede”, ma su una tavola cosi’ larga le straps sono molto piu’ distanti e appena sposto il mio peso entra in gioco la componente verticale del foil che mi lancia la tavola in un inizio di “backloop” da acqua piatta …
Impallidisco subito, rimango un attimo pietrificato dalla paura sia di farmi male che di rompere l’attrezzatura ma l’istinto di sopravvivenza prevale e mollo tutto saltando lontano dall’attrezzatura.
L’ingombro del foil e’ molto maggiore di quello di una pinna normale, quindi bisogna davvero fare attenzione a non cadere vicino alla tavola.
Patrik mi raggiunge e mi ricorda quello che mi ha gia’ spiegato a terra: prima bisogna tenere la tavola piatta, lanciarla in velocita’ e poi bisonga cercare di far sollevare la tavola solo di pochi centimetri sopra l’acqua.
Le sue spiegazioni sono molto chiare ma e’ proprio il caso di dirlo, questa volta tra il dire e il fare c’e’ davvero di mezzo il mare.
L’impresa per me e’ ancora piu’ difficile siccome a memoria non ricordo piu’ quando e’ stata l’ultima volta che sia salito su una tavola piu’ grossa di una wave da 90 litri e con una vela piu’ grossa della 5.3: l’ingombro del boma, dell’albero e il peso del rig di una vela da race non sono gli stessi di quelli a cui sono abituato con una vela wave e sono sicuro di non essere mai salito prima su una tavola da formula!
I mie tentativi si susseguono e dopo avermi osservato per una mezzoretta Patrik impetosito mi raggiunge di nuovo e mi dice che se voglio posso prendere una tavola slalom. Ma per me non se ne parla, ormai ho iniziato con il foil e devo riuscire a farci qualcosa!
E in effetti nella seconda mezzora incomincia a vedersi qualche risultato.
Una volta iniziata la planata la tavola non decolla da sola ma pian piano trovo migliori punti di appoggio e di equilibrio e pian piano riesco a fare decollare il foil.
In realta’ non riesco ancora a mantenere il volo basso e stabile come richiesto da Patrik ma pian piano i tratti fuori dall’acqua si allungano anche se con uno stile da “delfino” ovvero su e giu’!
Per fortuna la prua larga evita di ingavonarsi ed i relativi effetti catapulta.
Appena l’attrezzatura decolla e’ impressionante come la sensazione di attrito improvvisamente scompaia e scompaia anche il rumore dell’impatto della tavola contro l’acqua.
Ormai l’ho capito, i movimenti devono essere piu’ docili e fluidi possibili ma appena il foil si solleva fornisce una spinta verso l’alto con un’inerzia tale che non e’ per niente facile mantenere il tutto a soli pochi centrimetri sopra l’acqua.
Ho l’impressione che la tavola stessa una volta sollevata prenda aria e fornisca una spinta ulteriore verso l’alto. Quando mi accorgo di salire troppo, con i movimenti piu’ millimetrici possibili faccio orzare dolcemente tavola e vela fino a quando la vela perde la spinta e riscendo in picchiata.
Questo sali e scendi non e’ divertente ma per lo meno lo riesco a controllare evitando rischi inutili per me e per l’attrezzatura.
Dopo un’ora di tentavi incomincio a sentire la contrazione di muscoli che non sapevo neanche di avere: la concentrazione e’ rivolta tutta alla ricerca dell’equilibrio riducendo al minimo i movimenti.
A questo punto per questa prima volta mi posso ritenere soddisfatto e decido di rientrare a terra anche perche’ mi aspetta ancora la strada del ritorno!
A riva c’e’ Karin che con l’entusiasmo di una ragazzina si mette la muta e va in acqua con la tavola e la vela che usavo io.
Il tempo di cambiarmi e anche Patrik rientra a terra e cosi’ posso fare con lui un debriefing finale prima di salutarlo e ritornare a casa.
Occuparsi di una rivista online non e’ sempre facile e divertente ma occasioni fuori programma come questa ripagano per tutto il lavoro e l’impegno spesi.
Ringrazio davvero di cuore Patrik e Karin per questa incredibile opportunita’ ed esperienza!”
text & photo: www.RIWmag.com