In queste ultime settimane, grazie alle capacita’ PR del Nonno Fabio’ Tampieri, gli iscritti al gruppo SBT (www.facebook.com/SURFISTIeBASTARDIeTOPE/) hanno potuto approfittare del ritorno di un personaggio storico del windsurf italiano, l’architetto vignettista Massimo Chiod Chiodelli.
Da sempre estraneo alle velleita’ sportive del nostro sport, Chiod investe sin da subito il suo umorismo e le sue capacita’ artistiche per raccontare la quotidianita’ del windsurfista della domenica partendo da un’esilerante autoironia che ne decreta il suo successo elo fa entrare a porte spalancate nelle case di tutti i windsurfisti italiani.
RIWmag lo ha raggiunto per un’intervista.
RIW: Ciao Massimo. Grazie per questa intervista! La tua carriera con lo pseudonimo di Chiod ha avuto inizio nella redazione di Windsurf Italia capitanata da Kiki Guindani. RIWmag nasce come continuazione di quell’esperienza e quindi da noi sei sempre il benvenuto!
Tutti conoscono le vignette di Chiod ma molto meno la vita windsurfistica di Massimo Chiodelli. Come e quando inizia la tua passione per il windsurf?
Chiod: Ciao RIWmag, e grazie per questa opportunità. Ho messo il primo piede su un windsurf nell’agosto 1979, ma è stato l’anno successivo che mi sono deciso a iscrivermi a un corso vero e proprio. L’istruttrice era una bella ragazza bionda di Trieste e questo fatto ha avuto un certo peso nella mia scelta: lì è nato un amore (solo per il windsurf purtroppo; la maestra, che era già fidanzata, non mi filava per niente). Lei era Maurizia Lenardon, è stata un’ottima regatante per tanti anni, nonché mamma di Andrea Ferin. Siamo rimasti amici da allora e abbiamo sempre scherzato sulle vere motivazioni della mia iniziazione surfistica. Purtroppo Maurizia ci ha lasciato prematuramente qualche anno fa …
RIW: Come e quando iniziano le tue vignette sul windsurf?
Chiod: Ho sempre avuto la passione per il disegno e i fumetti e già da alcuni anni avevo iniziato a pubblicare su varie riviste, perlopiù illustrazioni di carattere sportivo. Questa la devo raccontare perché mi sembra significativa: all’epoca collaboravo con Romano Luzi, maestro di tennis della nobiltà imprenditoriale milanese (da Sergio Del Duca, editore dell’Intrepido, all’allora emergente Silvio Berlusconi). Realizzavamo sequenze disegnate con i colpi dei grandi campioni di tennis che venivano pubblicate, guarda caso, sull’Intrepido. Ebbene, il numero dell’Intrepido contenente la prima puntata delle nostre sequenze di tennis aveva una copertina insolita per quella rivista:
un giovanissimo (e allora sconosciuto) Robby Naish che faceva un salto “incredibile” con un tavolone improbabile. All’interno un articolo del mitico Beppe Viola che spiegava come il windsurf fosse destinato a diventare lo sport dell’estate. Sulla stessa copertina c’è il richiamo alla mia sequenza disegnata, la voleé di John Newcombe. Vuoi sapere la cosa incredibile? Quel numero dell’Intrepido è datato 29 luglio 1980, esattamente i giorni in cui facevo il mio corso di windsurf con Maurizia. L’ho sempre interpretato come un segno del destino …
Da allora sono diventato un windsurfista sempre più appassionato, a settembre ’80 mi sono comperato un Sordelli (te lo ricordi?), e l’anno successivo un Mares America (II Divisione) e una delle prime tavole con le strap (che allora venivano chiamate “da salto”). Ho poi seguito la classica trafila di quei tempi pionieristici, passando alle prime tavolette custom shapeate da sedicenti guru de noantri (che più erano sinker più eri figo) e vissuto l’epopea delle autocostruite nel garage di casa (a rischio di intossicazione da resina epossidica).
Insomma, ho potuto raccogliere abbondanti esperienze e materiali per iniziare a raccontare questo mondo a fumetti. All’epoca (era il 1986) le principali riviste di windsurf in Italia erano due: Surf (Mursia) e Windsurf Italia (Gruppo B), e io, da vero fanatico, le compravo entrambe. Ho perciò preparato un “numero zero” (che era poi la storia a fumetti del Surfanatico) e preso appuntamento con la redazione di Surf per andare a proporla. Arrivato lì trepidante, incontro il Caporedattore (Sandro Pellegrini) che mi dice: “Si, la storia è carina, ma abbiamo appena ingaggiato un altro fumettista che inizierà dal prossimo numero …”. Ricordo la delusione pazzesca, avevo lavorato una settimana per preparare quelle due tavole, ma ci stavo pensando da mesi … Uscito da lì incazzato nero, sono andato a comperare Windsurf Italia in edicola, ho cercato l’indirizzo della redazione (per fortuna non era lontano) e neanche un’ora dopo mi sono presentato senza appuntamento negli uffici di Gruppo B Editore. Lì ho incontrato Giulio Biasion, all’epoca direttore di W.I., che dopo aver visto le tavole, con un sorriso mi dice: “Bellissime, le pubblichiamo sul prossimo numero!” (WOW!).
E così è cominciato tutto. Tra il 1986 e il 2016 ho lavorato per Windsurf Italia, Surf, di nuovo Windsurf Italia, Funboard, Wind News, Planche Mag, 4Windsurf, pubblicando circa 180 storie, per un totale di oltre 350 pagine, da cui ho ricavato tre volumi di raccolte. Questo per quanto riguarda il windsurf.
Ho anche lavorato per altre riviste, sempre di ambito sportivo, Skate Snowboard, Tutto Mountain Bike, Yacht Capital, Running Magazine, Correre …
RIW: Come e quando hai deciso di interrompere questa attività?
Chiod: Ti riferisci al windsurf? In realtà non ho interrotto di proposito: la vita, famiglia e figli, mi ha portato a diradare progressivamente le uscite, riducendole praticamente alle vacanze estive, poi neanche più a quelle, ma un paio di uscite all’anno, perlopiù ai Laghi, sono sempre riuscito a farle. Mi è rimasta però la voglia di riprendere in grande stile. Mai dire mai …
Nel frattempo ho cominciato a correre, uno sport che dal punto di vista logistico è molto più abbordabile, dovunque tu sia ti infili scarpette e braghini e vai … In più ha l’innegabile vantaggio di aiutarmi a tenere a bada la panzella …
Ho corso un po’ di Maratone, e da quell’esperienza ho ricavato un altro fumetto che è diventato un libro e che mi ha aperto la collaborazione con la rivista “Correre”
RIW: Qualche anno fa sei riuscito ad organizzare a Imperia un museo del windsurf. Com’è andata e come mai non hai più replicato questa esperienza?
Chiod: Avevo collaborato con il mio socio architetto Paolo Redaelli alla progettazione del nuovo Museo Navale di Imperia. In occasione della manifestazione “Le Vele d’epoca”, che ogni due anni richiama a Imperia quasi 300.000 persone, e della contemporanea inaugurazione del nostro Museo Navale, il Comune ci aveva chiesto di organizzare una mostra/evento nei locali del Museo. Così ho proposto questa cosa intitolata “SURF ’80 – gli anni d’oro” in cui si raccontava il momento di massimo splendore del windsurf come fenomeno sociale, visto attraverso l’occhio un po’ nostalgico dei miei fumetti. Abbiamo realizzato una serie di installazioni raccogliendo memorabilia di ogni genere, compresa la “macchina del surfista”, una R4 d’epoca attrezzata con tutti gli accessori tipici del surfing safari: sacco a pelo, manciate di sabbia, borsa muffosa con le mute umide, pezzi di ricambio, sacchetto del super con la spazzatura del weekend precedente, eccetera … Il pezzo forte della mostra era la vela con cui Alessandra Sensini aveva vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Sydney 2000.
La mostra ha avuto un’ottima accoglienza e apprezzamento non solo tra gli appassionati, ma soprattutto dal pubblico più generalista, che comunque quegli anni li ha vissuti e li ricorda sempre con piacere e divertimento.
L’idea era che il materiale raccolto diventasse una sorta di fondo da integrare con successive acquisizioni per creare nel tempo una mostra permanente degli anni del grande windsurf (1980-2000), non solo dal punto di vista strettamente sportivo, ma anche sociale e culturale. Il progetto è ancora in stand-by per l’incertezza relativa all’utilizzo di spazi da aggregare al Museo, rallentata da intralci amministrativi.
RIW: Nel 2016 sei stato al WindFestival di Diano Marina per presentare un nuovo simulatore (www.riwmag.com/wf2016-il-nuovo-simulatore-di-chiod-e-lorenzo/) Com’e’ andato quel progetto?
Chiod: Il simulatore era stato realizzato da un’azienda elettromeccanica specializzata in prodotti cinematici, che si è avvalsa per il suo sviluppo della consulenza di un’equipe di tester costituita da surfisti esperti, istruttori e allievi. Il prodotto funzionava perfettamente dal punto di vista tecnico e anche dei costi di produzione abbastanza contenuti, è stato testato positivamente presso le scuole di windsurf dell’alto Garda (Marco Segnana e Vasco Renna). Serviva però un’azienda commerciale che finanziasse un investimento importante per avviare la produzione in serie, e da questo punto di vista i numeri non garantivano il successo dell’operazione.
RIW: Come hai conosciuto il Nonno e il suo gruppo SBT e com’è stato possibile convincerti a parteciparvi?
Chiod: Sono iscritto da anni al gruppo SBT e per quanto riguarda il Nonno, ho scoperto con raccapriccio che sono molto più vecchio di lui … Il mio coinvolgimento recente è stato casuale, alcuni soci hanno postato alcune mie vecchie vignette e sono intervenuto per ringraziarli. Devo dire che fa molto piacere scoprire che mi ricordano con questo affetto. Il Nonno Tampieri è stato poi gentilissimo nel darmi carta bianca per riproporre sul gruppo qualche mio lavoro.
RIW: Hai idee e/o progetti futuri legati al windsurf?
Chiod: Ora sto lavorando a una graphic novel sulla vicenda di Chico Forti, che come sapete è rinchiuso da 20 anni in un carcere della Florida con l’accusa di omicidio.
Sicuramente tutti i tuoi lettori sanno chi è Chico Forti: è stato un campione di windsurf negli anni eroici, ha iniziato a girare il mondo facendo da caddy a Robby Naish, è stato il primo italiano a partecipare alla World Cup, tra i fondatori del PWA, è stato il primo italiano e tra i primi al mondo a eseguire un looping completo, ha progettato e realizzato con Richard White le rampe per i salti in acqua piatta attualmente usate nelle manifestazioni indoor, oltre a un milione di altre cose …
Me lo sono trovato come caporedattore di Windsurf Italia nel 1990 e siamo diventati grandi amici. Il mio primo libro di fumetti “Ve lo do io il Windsurf…” l’ho prodotto in società con lui. Insieme abbiamo fatto un po’ di cose e, tra l’altro, gli ho disegnato il logo per la sua società di produzione di video sportivi “Hang Loose”. Dopodichè Chico si trasferisce negli Stati Uniti dove la serie di video sugli sport estremi Hang Loose ha un successo immediato, il canale televisivo “ESPN” gli commissiona 100 puntate e lo trasforma di botto in un importante produttore televisivo.
Ed è in questa veste che realizza il famoso documentario sulla morte di Gianni Versace e del suo presunto assassino Andrew Cunanan, in cui Chico accusa apertamente la polizia di Miami di aver insabbiato troppo velocemente il caso, evidenziando tra l’altro una serie di palesi contraddizioni nella versione ufficiale sulla vicenda.
Pochi mesi dopo si trova invischiato in un oscuro caso di omicidio per il quale viene processato e incredibilmente condannato alla pena abnorme dell’ergastolo.
Le prove a suo carico sono debolissime, il movente è inesistente, ma appare evidente la precisa volontà da parte di qualcuno di fargli pagare uno sgarro precedente.
Su questo caso sono stati realizzati libri, centinaia di articoli di giornali, decine di trasmissioni televisive (tra cui l’ultima inchiesta molto accurata de “Le Iene” su Italia 1).
Io vorrei raccontare con la tecnica del fumetto tutti i fatti documentati e spiegare con chiarezza l’ingiustizia che Chico ha subito. Da amico posso dire di essere certo della sua innocenza, ma è un discorso che non ha nessuna valenza oggettiva. Quello che vorrei fosse chiarito è che sulla base di quelle prove documentali non è immaginabile pensare di condannare una persona all’ergastolo. Sono state effettuate evidenti manipolazioni e forzature nel castello accusatorio ed esistono precise responsabilità ripartite su tanti attori: dagli atti pubblici del processo si possono rilevare una serie lunghissima di incongruenze, omissioni, errori di data, testimoni non convocati, inspiegabili scelte autolesionistiche della difesa, prove mancanti perché “la macchina fotografica non funzionava”, documenti importanti ritenuti “non ammissibili” per vizi procedurali …
Se metti in fila tutte le evidenze, l’impressione è che sia stato fatto un grande lavoro di squadra organizzato da un’unica inquietante regia … A pensarci fa venire i brividi, e sembra incredibile che nessuno sia mai stato chiamato a dare una risposta a questi interrogativi. E intanto Chico è in galera da oltre 20 anni …
interview: www.RIWmag.com
photo: courtesy Massimo Chiod Chiodelli