Solo qualche giorno fa e’ stato pubblicato l’ultimo cortometraggio pubblicitario di Chanel sul profumo #5 con Gisele Bundchen come protagonista sul surf.
Curiosando sul web ho trovato il pubblico nettamente diviso in due: da un lato i profani del surf che si sono lasciati rapire dall’emozione della breve storia raccontata nei 3 minuti di video, dall’altro lato i puristi del surf che hanno fortemente criticato il risultato finale a causa dei diversi dettagli obiettivamente ridicoli da un punto di vista surfistico.
E’ vero: sulla tavola nera e lucida non c’e’ wax e non c’e’ leash. Le riprese in primo piano sull’onda sono inverosimili e molto probabilmente dei fotomontaggi. Ma nel relativo video “making of” il direttore del film Baz Luhrmann lo dice chiaramente, questo non e’ un film di surf, e’ un film che deve trasmettere delle emozioni che possono essere rappresentate dal surf ma che devono andare al di la’ dello sport stesso. In effetti Chanel non deve aver badato a spese per produrre questo spot pubblicitario. Se avessero voluto fare qualcosa di piu’ tecnico, vista la loro maniaca cura dei dettagli non surfistici (hanno cercato in tutto il mondo e sono giunti fino a Fiji per avere l’onda con la forma piu’ simile alla C di Chanel), avrebbero potuto ingraggiare qualche bella surfista professionista! Ma e’ davvero questa la questione?
Invito i puristi a dimenticarsi per un momento degli “errori tecnici” e di osservare quale trasporto questo film ha ottenuto sui profani … la mia reazione a questo punto e’ di un sincero e spontaneo “wow!” Da un punto di vista comunicativo a me sembra perfetta persino la colonna sonora che ai surfisti piu’ hardcore e’ sembrata una lagna. Nonostante tutti i limiti del caso questo cortometraggio trasmette passione, amore, sfida e superamento dei limiti, un trasporto emotivo molto intenso concentrato in 3 minuti. Forse il mondo del surf non ha bisogno di accattivarsi un pubblico piu’ ampio di quello che ha gia’, forse il surf gode di una diffusione gia’ sufficientemente ampia che i puristi in questione forse preferirebbero avere meno profani in acqua sulle loro onde …
Ma a noi windsurfers invece quanto piacerebbe se un’importante azienda extrasettore potesse produrre qualcosa di simile con la tavola a vela focalizzando in modo altrettanto efficace l’attenzione mediatica sul nostro amato sport per ampliarne in modo significativo il bacino d’utenza? In quel caso, se proprio dovessi trovare un difetto in una simile produzione, mi permetterei di dire che il surf come il windsurf non si possono ridurre solo all’emozione trascendentale dovuta al confronto con gli elementi naturali, perche’ sono anche la fatica, lo sforzo e la maturazione necessaria per arrivarci che rendono certi momenti cosi’ unici e assoluti, e in effetti, in un mondo “estetico” come quello di Chanel, questo aspetto e’ stato probabilmente trascurato di proposito …
text: E.P 4 www.RIWmag.com
photo & video: Chanel